La Città di Caccamo rappresenta uno dei più antichi borghi medioevali della Sicilia, e, come tale, racchiude e custodisce gelosamente innumerevoli tesori, tradizioni, leggende e culti. La sua posizione incantevole, saldamente attaccata alle ultime pendici del monte S.Calogero (Euràko), protesa sulla splendida diga Rosamarina, ricavata dall’invaso del fiume S.Leonardo, contribuisce a creare atmosfere suggestive e senza tempo. Camminando per le stradine strette e tortuose della parte antica del Paese (i quartieri di Terravecchia e Rabbato), pare quasi di rivivere le storie di cavalieri, di battaglie, di nobili famiglie che, succedendosi nel tempo, hanno lasciato testimonianze tangibili in ogni angolo. Come per ogni città antica, l’origine di Caccamo si perde nel tempo e rimane tutt’oggi incerta. Si ritiene che essa sia stata fondata da un gruppo di Cartaginesi che, scampati alla battaglia di Himera, dopo una cocente sconfitta ad opera dei Siracusani (480 a.C.), si rifugiarono nell’entroterra e, sfruttandone la naturale inespugnabilità, vi si insediarono, costruendo dapprima una torre di avvistamento e, in seguito, un vero e proprio centro abitativo. Questa tesi è avvalorata dal ritrovamento di monete e armi cartaginesi nel territorio e dall’interpretazione che si vuole attribuire al nome Caccamo, dal cartaginese Caccabe (testa di cavallo): immagine presente nello stemma della città. Tuttavia l’insufficienza di prove più significative, ha portato gli storici a formulare svariate ipotesi che attribuirebbero l’origine di Caccamo ai Greci (secondo il significato della parola greca Kakabe=caldaia, che ricorderebbe la forma del costone roccioso su cui si erge il Castello); agli Arabi; al periodo Bizantino o addirittura al periodo neolitico, come dimostrerebbe il ritrovamento di reperti archeologici, quali “le tombe a forno” della contrada Manchi. Le notizie certe su Caccamo iniziano con la dominazione dei normanni: Goffredo de Sagéyo fu signore di Caccamo nel 1094. Nel 1160, il Castello di Caccamo, con il suo signore Matteo Bonello, fu il focolaio da cui partì la rivolta dei baroni siciliani contro l’imperatore Guglielmo I detto “il Malo”.
Nel 1169, una rivolta popolare impedì l’instaurarsi del dominio francese. La Città partecipò inoltre alla rivolta del “Vespro” nel 1282; un gruppo di arcieri assediò il castello di Vicari ed uccise il Gran Giustiziere della Val di Mazara, Giovanni di Saint-Rémy. Intanto ebbe inizio l’ascesa politica di molte potenti famiglie. Tra queste emerse la famiglia Chiaramonte, che resse per quasi un secolo la signoria di Caccamo, in un periodo di grande prosperità durante il quale si ampliò il castello e fu costruita una cinta muraria. Il declino dei Chiaramonte fu seguito da un lungo periodo di rivolte cittadine, che alla fine furono sedate dall’insediamento della famiglia Prades-Cabrera (1400).
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Ultimo aggiornamento ( mercoledì 20 febbraio 2008 )
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Caccamo ( PA - C.A.P. 90012) dista 48 Km da Palermo, 227 Km da Catania, 112 Km da Agrigento, 111 Km da Caltanissetta, 130 Km da Enna, 231 Km da Messina, 248 Km da Ragusa, 285 Km da Siracusa, 147 Km da Trapani.
Il Comune conta 8.440 abitanti (al 31/12/06) e ha una superficie di 18.780 ettari. Sorge in una zona collinare interna, posta a 521 metri sopra il livello del mare. Diverse ipotesi sono state fatte sull’origine del nome Caccamo e quindi della Città stessa: alcuni storici lo ricondurrebbero al greco kakabe: pernice o al latino càcabus: caldaia (dalla forma del costone roccioso su cui si erge il Castello); più verosimilmente, al cartaginese caccabe: testa di cavallo (immagine presente nello stemma della Città). Per tutto il secolo XIV fu sotto il dominio della famiglia Chiaramonte, la quale valorizzò notevolmente il territorio. Passato sotto la signoria degli Henriquez- Cabrera, conti di Modica, il centro godette di grande prestigio fino al secolo XVIII secolo. Da ricordare il 1646, anno in cui Caccamo fu elevata a rango di Città da Don Giovanni Alfonso Henriquez De Cabrera. L’ultima grande signoria di Caccamo appartenne ai De Spuches (1813), che rimasero proprietari del Castello fino al 1963, anno in cui esso fu acquistato dalla Regione Siciliana. Fra i De Spuches si distinse don Giuseppe che, insieme alla moglie, la poetessa Giuseppina Turrisi Colonna, trasformò il Castello in luogo di incontri letterari, ospitando i più noti esponenti della cultura del tempo e confermando, ancora una volta, l’importanza che questo borgo e il suo maestoso castello hanno avuto nella storia. Caccamo è ricchissima di beni artistici, la maggior parte dei quali custoditi nelle numerose Chiese. Visitando quelle più importanti (il Duomo , l’Annunziata, S. Benedetto alla Badia, S. Maria degli Angeli, ecc..), si compie un meraviglioso viaggio virtuale che attraversa le principali correnti artistiche succedutesi dal XIV sec. in poi. Il Duomo, dedicato a S. Giorgio Martire, custodisce importantissime opere della pittura fiamminga e olandese del cinquecento: “L’incontro di Gesù con la Veronica” di Simone da Wobrek; “Il miracolo di
S.Isidoro Agricola “di Matthias Stomer. Conserva anche pregevoli esempi di quella pittura italiana del seicento, dalle suggestioni caravaggesche alternate ad ambientazioni più auliche, come la serie de “I cinque sensi”di Jan Van Houbracken, i dipinti di Vincenzo La Barbera e soprattutto la pala d’altare: “La Crocifissione tra i Santi Rosalia e Rocco” di Pietro Novelli. Significative sono inoltre le testimonianze della pittura siciliana del settecento, in particolare gli affreschi del pittore Vito D’Anna : “Il trionfo di S. Giorgio”, “La moltiplicazione dei pani”, le quattro scene bibliche della Cappella del SS.Sacramento e l’affresco con le quattro virtù teologali sulla volta. Di Giuseppe Velasco (il Velasquez) sono invece i dipinti “S.Sebastiano” e “S.Gaetano”. Incantevole è ancora il fonte battesimale in marmo bianco, superbo esempio dell’arte di Antonello Gagini. Ad Antonello Gagini è attribuita inoltre la “Madonna col Bambino”, sicuramente una delle più belle opere dello scultore, custodita nella Chiesa S.Maria degli Angeli, nella quale si può ammirare, inoltre, il soffitto a capriate della navata maggiore, decorato con disegni policromi su legno (sec. XV). |
Ultimo aggiornamento ( lunedì 31 marzo 2008 )
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